I cauboi Vànn giò a Milan

Ho passato l’esame ed ho voglia di festeggiare. Mi sento come Tokyo della Casa di Carta al solo
pensare di Fare Festa perché sono ancora su di giri.
Rientro a lavoro dopo due giorni di fatiche fisiche e mentali e mi becco il corso sulla sicurezza che
mi costringe a fare a braccio di ferro con tutta l’adrenalina che ho ancora in circolo.
Finito il corso, mi incontro e mi scontro con il signor Spilungone che, dopo la nostra mattinata passata
insieme in cui si era pure offerto di ascoltarmi ripetere l’argomento d’esame, non mi rivolge quasi
parola.
Un mio amico mi invita a passare il fine settimana a Milano, lui abita ad un quarto d’ora da lì ed io
sono combattuta, ma so che se rimango a casa senza il preadolescente, posso solo prendermela con
me stessa.
E allora, convinta dalla sua insistenza, la sua costanza e dal fatto che davvero lui è uno che ti sprona
e che ti fa sentire tutto l’affetto del mondo, decido di dire un bel sì ad una nuova avventura.
Parto ad un orario un po’ tardi perché con il treno alle 11.40 , arriverò solo nel primo pomeriggio.
Lui mi ha addirittura sponsorizzato il biglietto, ci conosciamo davvero da pochissimo tempo e
chissà mai cosa ci ha visto in me! Però ho bisogno di affetto e di sincerità e soprattutto di qualcuno
che riesce a renderlo reale. E cosa c’è di più concreto di un biglietto di un treno?
Esco dal turno di lavoro di venerdì alle 22.00 circa e mi aspettano otto ore di sonno prima di
ripartire.
La notte non dormo. Mi sveglio ripetutamente e alle 04.00 sono in chat a confrontarmi con U.B. Lui
rientra da una serata di baldoria e io sono vittima dei turni.
Ci scriviamo del più e del meno e, dopo tutto questo periodo, torna ad essere umano. Anzi, diciamo
che è umano perché tanto sa che non ci sarà più niente fra di noi e che infondo non sono una
persona di merda da trattare in maniera disumana.
Quindi mi dimostra umanità, poi gli auguro buonanotte e alle fine alle 06.00 mi alzo.
Finisco di preparare lo zaino.
Medito un po’ fino a che non comincia il mio viaggio in treno in cui vi scrivo il post in cui vi
racconto dell’esame.
Un’ora tutta per word press.
Arrivo alla stazione in cui dovrò prendere il freccia rossa e scopro che è in ritardo di 25 minuti.
Mi sale tutta la tristezza del mondo e una voglia di piangere pazzesca. Medito per una frazione di
secondo sull’ipotesi di tornare indietro. Sento una fitta a livello del petto: ci siamo, sto veramente da

cani, un attacco di panico in piena regola. Imploro Jedi di manifestarsi ma anche lei sembra essere
in ritardo.
Tutto sommato questi 25 minuti sono passati alla svelta e il freccia rossa arriva. Ci salgo e mi metto
a sedere e scrivo il secondo post per aggiornarvi sui miei disamori.
Ho il posto a sedere, leggiucchio e continuo a scrivere per tutto il tragitto. Il viaggio è veramente
veloce.
Matrix, così si chiama il mio amico, mi viene a prendere alla stazione.
Con un ritardo di mezz’ora, ci siamo! Scendo dal treno e mi sento una faccia orribile.
La prima cosa che mi propone dopo aver visitato Lodi, il paesino dove abita e che lui ha stabilito
che dovevo fare la fatidica sera in cui ci siamo conosciuti, è farmi assaporare il campari ghiacciato.
Una vera bomba solo per lodigiani docg. E io che non sono del posto, arranco a stare al passo.
Possiamo dire che la Festa è iniziata! Proseguiamo così la serata. Conosco un paio dei suoi amici
interessanti e poi sfanculiamo tutto e tutti e ce ne andiamo verso la metro che ci porterà a Milano by
night. Raggiungiamo la metro in auto e cantiamo a squarciagola che siamo giovani wannabe…
Siamo alla metro. Mi sento in un film. Questa location di notte mi piace terribilmente, poi Matrix
mi insegna il trucchetto dei tornelli: passiamo il biglietto, lui mi spinge avanti e poi passa al volo,
correndo dietro di me.
Solo questo giochino mi fa sentire un po’ fuori legge ma estremamente viva e dimentico per un
attimo tutte le magagne e i pensieri che solo qualche notte prima mi tormentavano.
Raggiungiamo il centro di Milano, sta piovendo a dirotto ma siamo in una città piena di gente,
nonostante la pioggia. Dalle mie parti, non si fa. Se piove, non si esce.
Mi perdo a fotografare il duomo in versione notturna e piovosa, forse qualche scatto lo pubblicherò
anche qui.
Passeggiamo e chiacchieriamo fino a che non arriva l’ora di rincasare.
Torniamo alla metro, saliamo su quella sbagliata e scendiamo di corsa. Sì, sembra proprio un film,
ma dura poco e in men che non si dica prendiamo quella giusta che ci riporterà a casa.
Nel paesello, passiamo la serata con i suoi amici che si stanno intrattenendo con un gioco di carte.
Conosco anche il tatuatore officiale del gruppo e per un pelo non mi tatuo in piena notte. Altro
classico, e un po’ mi pento di non averlo fatto. Pazienza, ci sarà un’altra occasione per farlo.
Ad un’ora per me improponibile, andiamo a letto.
La mattina dopo, il prete locale inizia il concerto domenicale e suona le campane a festa.
Sono le otto, calcolo e impongo il massimo di un’ora di tempo per alzarci e andare a vedere tutto
quello che non abbiamo visto ieri.

Volevo vedere la chiesa di San Bernardino alle Ossa ma era sfortunatamente chiusa.
Ripieghiamo sulla visita ad un percorso fatto di installazioni immersive dedicate ai sognatori ed è
come salire sulle giostre!
Soggiorni capovolti, caleidoscopi a misura d’uomo dentro cui entrare, altalene, una vasca piena di
bolle di plastica, sacchi da boxe da prendere a cazzotti su cui è scritto quale perfida emozione stai
prendendo a cazzotti. Il panico? La rabbia?
Usciamo di lì con il sorriso fra le labbra ma super affamati. Ci spostiamo sui navigli per gustarci io
un buon felafel io e, se non ricordo male, un kebab lui.
Sempre con la macchina fotografica a portata di mano e pronta a fotografare quello che cattura la
mia attenzione.
Poi decido io, abbiamo ancora tempo. Matrix non sembra molto convinto ma io sì.
Ci aspetta il museo del novecento… e lì proseguono i divertimenti.
La mostra inizia con i futuristi e ad ogni piano dell’edificio ci sorprendono le varie opere esposte,
come se fossero disposte in maniera esponenziale.
Picasso, De Chirico, Modigliani insieme ci entusiasmiamo quando troviamo Manzoni per finire
all’ultimo piano dove ad attenderci c’è una sala interamente dedicata a Fontana con le sue tele
squarciate. Siamo super contenti quando usciamo di lì.
Perfino Matrix che non sembrava all’inizio molto convinto, si è dovuto ricredere e stavolta è lui a
ringraziarmi.
Io mi sento grata e davvero strafelice per questa avventura che mi è stata regalata e anche per il
pomeriggio perfetto appena trascorso.
E nonostante il treno, che mi riporterà a casa sia in ritardo pure lui, mi porto addosso un bel ricordo
e la sensazione che così sola poi non sono, anzi posso dire ufficialmente che ho un nuovo amico da
aggiungere ai miei racconti sul blog e sicuramente presente nella vita reale.

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