Voglio un pensiero superficiale

È da tanto che non scrivo per il blog, nonostante gli incoraggiamenti calorosi ricevuti da alcuni di voi.Ho scritto per me e per Jedi, era l’unica che poteva sguazzare nella mia melma. Ho mantenuto contatti sporadici con il mio amico Matrix che da quel di Milano si è materializzato con telefonate/video e messaggi, ho continuato a sentire la mia amica Vanessa ormai parte integrante e sostegno emotivo anche per la mia carriera accademica.Sono un orso e d’inverno mi viene un po’ di andare in letargo.Novembre è stato un mese strano.Fatto di compleanni importanti, della sottoscritta e di M.F. e il compleanno mi fa fare il bilancio di tutto, è un po’ come l’ultimo dell’anno in anticipo.Insomma momento di crisi mistica.Ed ho un anno di più e da sola o in buona compagnia ho fatto davvero un miliardo di cose: ho visitato tre città meravigliose, ho preso un attestato per insegnare Pilates, ho un buon ritmo con lo studio e l’università e insomma sono stata davvero brava! Nonostante tutto talvolta riaffiora questa sensazione di sentirmi comunque come Dante Alighieri persa nel mezzo del cammin della mia vita e quando ci si sente persi si fatica a dirci che siamo, nel nostro piccolo, un po’ super eroi. Jedi mi ha fatto commuovere con il suo regalo di compleanno strabiliante che nessuno oltre a lei avrebbe potuto farmi: un pezzo unico di Zero Calcare e una bella giornata a Firenze. Il programma da rispettare comprende: il reportage fotografico al mio amico immaginario Exit enter, la visita alla mostra su Escher e per finire una birra premio bevuta in un locale trovato per caso che si chiama Alibi proprio come quello di una delle mie serie tv leggere, preferite.Dopo anni di mascherine e pandemia, sono riuscita a beccare il Covid, quindi mi tocca stare rinchiusa in casa per ben dieci giorni a piangere per i dolori lancinanti con cui mi ha attaccato alle spalle.Proprio in quel momento sono tentata di scrivervi cari lettori, sì perché comunque non vi ho aggiornato su diverse cose, ad esempio: un altro esame andato all’università, con tanto di figura imbarazzante che comporta l’intervento del tecnico del laboratorio di informatica perché io e la tecnologia siamo su due pianeti distinti ed inconciliabili, e l’esame si svolge nell’aula di informatica. Sob! Mi immagino la band dessinee sopra la mia testa. Ci tengo a rendervi partecipi di questo ennesimo successo accademico, sono pronta a passare al prossimo livello del mio videogame universitario.Nonostante la clausura forzata, succede qualcosa degno di nota.Ma sono abbattuta, qualunque cosa io scriva, rimane nella mia casella di posta elettronica.Ci provo adesso, che mi sento meglio, a raccontarvi per filo e per segno della mia frivolezza caotica.Partiamo dalle leggerezze: spinta dalla noia dei giorni di febbre e covid scrivo allo Spilungone, anche perché era stato uno di quelli con cui, per lavoro avevo parlato con la mascherina abbassata.Temendo il contagio, gli comunico che sono a casa e con grande stupore ricevo una risposta quasi immediata che per motivi discrezionali vi parafraso soltanto, ma dovete immaginarvi una conversazione che mi ricorda terribilmente i due protagonisti del film di Verdone “Maledetto il giorno che ti ho incontrato” Camilla e Bernardo che si incontrano magicamente dallo psicoanalista e parlano di ansia e medicine, ecco anche noi e andiamo avanti per qualche giorno a parlare di covid. Un scambio epistolare di alto livello! Non resisto, condivido la conversazione anche con Jabba, il suo parere conta moltissimo per me, lo sapete.Lui mi suggerisce di cambiare argomento e di buttarmi sulle emorroidi magari è un tema che lo interessa altrettanto. Ma vi rendete conto? Nonostante la situazione continui a farmi sorridere anche perché lo Spilungone se ne esce con una frase ad effetto imbarazzante che però mi fa intuire tutta la sua imbranataggine della serie: avrebbe potuto anche chiedermi “Ma te nell’orata all’acqua pazza ce li metti i pachino?” e avrebbe suscitato in me la stessa ilarità e la stessa consapevolezza che questa cosa non decollerà mai a meno che non si riesca a ricevere risposte in tempi meno dilatati e sopratutto dovremmo iniziare a parlarci in live, cosa che mi appare come uno scoglio insormontabile.Comunque non faccio in tempo ad uscire dalla quarantena del covid ed inizio a sfornare panettoni mini da regalare ai colleghi al mio rientro, ovviamente penso anche allo Spilungone, risultato consegno a tutti il panettone tranne che a lui, perché non parliamo.Prima di rientrare ricevo, sempre da Spilungone, ennesimo messaggio agghiacciante sui benefici del portare la mascherina a lavoro e sul fatto che lui abbia preso virus intestinale e siamo ai primi di dicembre.Quando ritorno alla routine lavorativa, Spilungone si affaccia alla mia postazione“sbilanciandosi” notevolmente per augurarmi buon pranzo. E la cosa mi fa sorridere ancora.Tengo questo livello di sorriso paralitico anche quando mi cadono i guanti dalla tasca e lui me li riporta dicendo: ti perdi i pezzi! Nel frattempo si becca il covid pure M.F. e quindi ci vinciamo un’altra settimana chiusi in casa con mia madre che ci porta i viveri a distanza stile il secondino in carcere, comeaveva fatto con me qualche giorno prima.Io invece torno in palestra, vado a fare tutti i miei corsi, faccio fit boxe e mi rianimo,prendendo a calci e pugni il sacco.Sono sudata da strizzare ma sto meglio ho anche, lentamente, recuperato un po’ di fiato post covid. Per quanto riguarda lo studio, adesso sono alle prese con sociologia.Mi sono fatta distrarre da un libro sul cammino di Santiago che compatibilmente con i miei impegni di lavoro, di tirocinio studio e familiari, vorrei intraprendere, ma la distrazione dura poco quante sono le pagine del libro in questione.Forse partirò da sola, forse con M. F.ma anche questa andrà nella mia lista di cose da fare e da depennare.Ah, mi sono lanciata anche nell’acquisto di una macchina nuova e abbandono la macchina di Fred Flinstones che mi accompagnava da quasi un decennio.Quindi di cose buone ce ne sono molte.Ho anche in programma di uscire con Jedi per il ponte dell’otto dicembre voglio andare a vedere un concerto di un tizio strabiliante che suona da solo, ma la mia uggia vince su di me e convinta di fare brutti incontri che poi non so gestire dico no alla vita e anche a questa probabile uscita.Però riscrivo a Spilungone chiedendogli dove posso lasciargli il panettone che ho fatto per lui. La risposta arriva dopo due giorni. Premetto, sono una che adora attendere, vengo dalla scuola Manuel Agnelli che sostiene che poi quel che conta era solo l’attesa.Però io, dopo un confronto con Jedi, capisco di aver interpretato male. Parafrasando Guccini invece mi viene da dire che bisogna saper scegliere i tempi, ecco in questo storia andiamo decisamente fuori sincrono.Ma si può, dico io, fossilizzarsi sull’interpretazione di un geroglifico senza saperne niente di archeologia?Arriviamo alla pre-vigilia di Natale.Ultimo giorno di lavoro prima delle vacanze. Ci ho pensato, ho acquistato “Favole al telefono” di Rodari sapendo che lo avrei regalato e forse perché avevo estrema necessità di parlare con l’universo, forse perché per Natale si ha bisogno un pò tutti di credere nella magia, decido di lasciare la copia di uno dei libri che più amo al mondo in dono a qualcun altro in questo mio qui ed ora. Scrivo una bella dedica nella prima pagina.Mi firmo come Emme. lo lascio in un posto studiato e di passaggio all’inizio del turno e quando vado in pausa per verificare che il libro sia stato ricevuto da qualcuno. Quel qualcuno lo ha ricevuto. E questo mi ha fatto scacciare i pensieri cattivi per tutte le mie oredi lavoro.Arriva la sera e faccio una cosa stupida, ingenua folle, dopo un ora di allenamento, nel tardo pomeriggio, mi concedo un uscita che qualunque persona sana di mente avrebbe evitato alla grande. Mi infilo direttamente nella fossa dei leoni, anima e corpo. Vado a vedere il concerto in un covo segreto di un gruppo di cui faceva parte E.F e sono consapevole dell’eventualità che si presenti anche lui ma ho voglia di leggerezza e so che ci sarà per forza una persona che non ho bisogno di interpretare come un geroglifico con cui la conversazione brilla e mi sento compresa e anche un po’ a casa.Con grande sorpresa mi accoglie all’arrivo un termos di caffè caldo.Sono felice e grata per questo gesto.La serata va, sono in ottima compagnia e mi sento al sicuro. Ballo, mimo, salto, sudo,faccio un sacco di versi a scema e sono felice.Nonostante la presenza di E.F e N.F. (nuova fidanzata) mi palleggio tutti di tacco e mi godo il primo giorno delle vacanze.Siamo alla vigilia Natale con tutta la famiglia al completo e non posso che sentire lo sblocco dello scrittore. Jedi mi dona il suo regalo e di nuovo mi commuovo e lo condivido qui con voi: ho una tessera per vedermi le mostre di Palazzo Strozzi e da adesso non me ne perderò neanche una!Se vi capiterà di imbattervi in un personaggio folle con macchina fotografica al collo in giro per mostre nel suddetto palazzo, potrei essere io!Poi un classicozzo che è essenziale per l’ultimo dell’anno e dulcis in fundo… un’agenda meravigliosa che completa quello che l’universo stava tentando di dirmi dal almeno un mese, in copertina c’è una vignetta di Daniel Cuello e sotto c’è scritto“ Fatti sentire urla ciò che scrivi!”.Nulla, oggi mi sembra in nessun modo più di buon auspicio.

I will survive

Iniziamo dal momento del brindisi, sono le 23:58 del 31 dicembre 2022, un tizio ci propone un rito russo di buon auspicio per far avverare desideri durante il nuovo anno e ci pare una cosa da tentare: non si sa mai.
Ci disponiamo in cerchio con i nostri bigliettini arrotolati su cui abbiamo scritto con un pennarello almeno quattro dei nostri buoni propositi per l’anno che sta per arrivare.
Li bruciamo tutti insieme e quando il bigliettino si è disfatto in cenere, la missione è gettarlo nel bicchiere del brindisi e buttarlo giù in un colpo solo. Manco a dirlo a me, che di solito sminuzzo pure l’antibiotico, ci vogliono tre tentativi.
Ma alla terza giuro che riesco ad ingollare tutto.
Non pensavo di arrivare fin qui.
Infatti, la festa a cui siamo invitati io e M.F. pensavo che sarebbe stata più intima.
Invece quando arriviamo, scopro con estremo stupore che accade proprio quello che per un attimo avevo
temuto e che mi aveva procurato la solita fitta al petto che mi ricorda: “Sono la tua amica ansia! Puoi liberarti di tutto ma io sarò sempre con te!”
La casa dove ci aspettano i nostri ospiti, al nostro arrivo, è già popolata e cavolo quanti siamo!
Il primo impulso è quello di darmela a gambe levate!
Siamo decisamente troppi, almeno per me. Dopo circa 15 minuti, comunico a Jedi che
voglio andarmene, che non fa per me una situazione così, davvero non ce la faccio, mi viene da piangere.
Siamo troppi e io sono asociale. Ormai non è un mistero per nessuno.
Però Jedi vedendomi in difficoltà, interviene e mi presenta la mia nemesi che si è materializzata direttamente dall’Argentina, in
viaggio in Italia con suo figlio da due mesi. Suo figlio ha l’età del mio.
Quindi il collegamento viene spontaneo.
Noi parliamo a gesti, io in italiano lei in spagnolo lentamente e ci capiamo o almeno capiamo il succo del discorso.
Mentre i nostri figli parlano fra di loro un po’ in inglese e un po’ si aiutano con google translate. Il ghiaccio è rotto.
Bevo con moderazione, ma quel tanto che basta per avventurarmi in altre conversazioni e mi sposto in un angoletto caratterizzato da altri invitati che hanno indosso i calzini antiscivolo Disney
proprio come me: io ho quelli di Minni, perché so che in casa non si può entrare con le scarpe. Parliamo di libri e già mi sento nel mio centro.
Dopo un po’ Jedi mi chiama per giocare a tombola. Ho svuotato, letteralmente, casa di oggetti inutili, mai utilizzati prima, qualcosa addirittura nuovo.
Nel pomeriggio io e M.F. abbiamo impacchettato tutto con estrema cura.

Non ci crederete, ma avevo in casa ancora un sacco di roba di E.F. e sono fiera del modo
magistrale con cui me ne sono liberata!
Dopo due anni! Ci pensate?
Avevo ancora le sue tracce in casa.
Mi sono presentata alla porta con due borsoni pieni di pacchettini stile babbo Natale.
É stato un momento epico vedere chi vinceva i premi, scartarli e riempirsi gli occhi di
stupore e degli oggetti banali che a me mettevano tristezza far felice, forse solo per la
sensazione di aver vinto qualcosa, il nuovo proprietario.
Mi pare doveroso fare cenno di alcune delle cose di cui mi sono liberata.
Partiamo dal pezzo più inutile: telecomando di un condizionatore che se ne stava appoggiato in una mensola ormai da tempo immemore senza la sua metà da
telecomandare. Successivamente, in ordine, mi sono liberata e qui vi chiederete: ma
quanto sei stronza? Ma pazienza che vi devo dire?
Dei colori da modellismo, una scatoletta piena di piccole boccette con colori acrilici
professionali pagati un occhio della testa, via anche loro. E dulcis in fundo un vestito stile Diane di trainspotting:
Sbrilluccicoso, anche questo regalo di E.F. direttamente da zara che forse ho indossato una volta soltanto per compiacerlo, che a me le paillette fanno
venire l’orticaria, da sempre.
Comunque passato il momento della tombola, ce ne andiamo io, M.F. ed altri due compagni di gioco maggiorenni, a lanciare i petardi. Nulla che meriti il vostro disprezzo, mi auguro, solo dei comunissimi minicciccioli che fanno pochissimo rumore e uno scintillio veramente poco stupefacente.
Però è un bel momento, siamo avvolti dalla nebbia e ci facciamo una bella camminata
fuori casa a fare una di quelle cose che non avevo mai fatto quando era il momento, ma è il momento giusto per M.F. io e un altro tizio riusciamo pure a scottarci un po’ lo stesso dito: il pollice della mano destra entrambi.
Quando rincasiamo, condividiamo l’olio che ci viene offerto per medicare la bruciatura.
Qualche ora più tardi io e M.F. rincasiamo, lasciando i nostri ospiti ad aspettare l’alba di questo duemilaventitré.
E abbiamo vinto anche questa sfida con tutto quello che ci ha accompagnato in questo vecchio 2022 accogliendo l’inizio di questo nuovo anno, con riti propiziatori che incoraggiano al raggiungimento dei nostri obiettivi da realizzare entro la fine del 2023.
Quindi faccio gli auguri anche a voi e vi lascio con la citazione di uno dei miei mentori
letterari di tutti i tempi.

“ A fine anno non tiro le somme, la matematica non è mai stata il mio forte. Spero di essere
rimasto nel cuore di qualcuno, o contrariamente nel cestino della carta di qualcun altro.”

Telefono senza fili

Facciamo un gioco?
Parliamo di niente e ci ridiamo un pò sù?
Dammi il la e ti seguirò perfino a capo all’ingiù.
Potremmo usare un dado per tirare a sorte, ma pregherei come Harry Potter sotto al cappello magico, che tocchi a te iniziare.
È l’ora del tè.
Senza limone per me. Odio il limone nel tè .
Ed il caffè? Senza zucchero, grazie.
Ci troviamo in stazione?
Mi piacciono le stazioni affollate, e a te?
È l’unico posto in cui trovo che la folla abbia senso di esistere.
Mi piacerebbe salire sul treno e scendere alla prima stazione che disti mezz’ora e poi risalire
In tutto fa un’ora di viaggio.
Andata e Ritorno.
Porterei con me il Jenga, una penna e un taccuino, sarei incerta sulla macchina fotografica.
Ma alla fine credo che la porterei.
Per avere un ricordo della sensazione al ritorno.
Di un rumoroso silenzio.
Di un vuoto che è pieno.
Di un sorriso beota che mi si stampa in viso.
Mi fido di te senza un perché.
Perderei questo gioco, lo so.
Ma tu no.
Ti va di giocare con me?

Do you not “Via col vento”?

Gita di domenica in città. La città che visitiamo tutte le volte io e Jedi, mi fa tornare il sorriso con poco.
Il nostro tour ha inizio con un delizioso pranzetto dove assaporiamo una splendido riso con varie verdurine che possiamo assemblare a nostro piacimento compilando un foglio che sarebbe il menù a crocette.
Il piccolo locale in pieno centro storico ospita un target tipico quanto il cibo che ci accingiamo ad assaporare ed è bellissimo: c’è un tale chiasso che mi sento come se fossimo direttamente all’aereo porto di Bangkok, sensazione splendida.
Finito di rifocillarci, ci avviamo verso la macchinetta che scatta foto tessere in bianco e nero, come al solito, solo che stavolta ho deciso che mi porterò dietro tutte le volte che andrò in esplorazione della città un arcano maggiore del mio primo mazzo di tarocchi.
Non sono una tarologa anche se un po’ conosco i significati ma nonostante abbia una piccola collezione di qualche mazzo, sono lontanissima dal saperli interpretare.
Comunque decido che sarà la giornata dell’arcano numero 0: Il Matto.
Mi propongo di portare il tarocco in giro con noi tutta la giornata. Questa sorta di atto psicomagico lo invita a fare anche il saggio Jodorowsky nel suo testo, scritto a quattro mani assieme a Marianne Costa, per familiarizzare con l’essenza della carta e del personaggio illustrato che in essa vive.
Scettici o meno, sono contenta, perché ho deciso che mi sottoporrò ad una serie di
autoscatti/fototessera per ora almeno con gli arcani maggiori… poi vedremo.
I matti vanno assecondati e Jedi asseconda anche questa piccola follia.
Dopo una breve fila, perché la macchinetta di domenica è molto gettonata, mi scatto le mie quattro fototessere in posizioni diverse e poi, come ogni volta seguendo il nostro itinerario, ci dirigiamo verso la libreria. Luogo, che ormai lo sapete, per me è un misto di perdizione e tentazioni. Compulsivamente acquisto in ordine Zero Calcare, che chissà quando leggerò, altri due libri ad un prezzo veramente stracciato e due pennarelli rossi che mi infilo nella tasca davanti alla mia salopette preferita, insieme al mio tarocco.
Poi ci facciamo il solito giro del centro e ci mettiamo in fila per vedere una mostra breve ma intensa. Dopo un’ora di attesa, scopriamo che ad attenderci ci sono giochi di luce e ambienti interattivi che si sposano con l’ambiente che stiamo visitando. Ovviamente sono armata di macchina fotografica e come al solito mi sento una bimbetta e sono con un’ottima compagna di giochi.
La prima foto che scatto è all’ombra di Jedi che si proietta su un telone immenso che va dal soffitto al pavimento e copre tutta la parete, sul telo sono riflessi dei giochi di luce incredibili e inaspettati, un contrasto di colori caldi e freddi. In un’altra stanza,
apparentemente dai toni caldi, per un effetto ottico ci vediamo tutte grigie.
Ma nelle foto non riesco a far apparire l’illusione ottica che stiamo vivendo.
Proseguiamo guastandoci il percorso che il famoso artista ha pensato per noi.
Fino a che non usciamo col sorriso tra le labbra e ci dirigiamo verso il nostro posto
preferito, altro rito da rispettare, e ci prendiamo lo sprtitz con cynar.
Come raccontavo a Jedi all’inizio della nostra gita, sono in un periodo che attendo risposte da tutti, ho scritto almeno 5/6 messaggi che sono rimasti con una risposta aperta immaginata o non pervenuta a seconda dei miei stati d’animo del giorno in cui mi trovo.
Un messaggio l’ho scritto alla segreteria della facoltà, senza risposta, altro messaggio l’ho scritto alle mie datrici di lavoro, senza risposta; ho scritto un messaggio super leggero ad un amico e la risposta non c’è neanche in questo caso e per ultimo ma non meno importante, scrivo allo spilungone che occupa i miei pensieri da qualche mese e che non
mi vuole. Gli scrivo per chiedere come sta dato che il giorno prima che partissi per Milano
ha avuto un incidente, di cui ho saputo da voci di popolo, solo al mio rientro.
Ad un primo messaggio, che riguarda anche me, in verità risponde, ma quando mi rendo
conto che ancora non ha risposto alla domanda che lo riguarda, incalzo chiedendo ancora.
Niente, non risponde. Sto in pensiero anche perché a lavoro tutti cominciano a dire che forse neanche rientra. Me lo immagino disteso a letto in ospedale… e insomma però se la sua scelta è quella di silenziarsi diciamo che va bene così, non posso che accettare a malincuore la sua volontà. La verità è che è quasi un mese che è successa questa cosa,Bquasi un mese che non lo vedo più e sono un po’ triste a giorni alterni.
Proseguendo con la mia collezione di messaggi senza risposta decido, sollecitata da Jedi,
di comunicare anche con il mio carissimo Guido Catalano.
Sì, perché di recente mi è successa una cosa singolare di quelle che capitano solo a lui, o almeno nel suo ultimo romanzo diciamo che l’idea del podcast che si mette a fare parte proprio da della mail che lui riceve da vari personaggi che lo chiamano “Cara dottoressa Guido”.
Ecco, se fossi a fare il giochino delle similitudini con il caro illustrissimo Guido, adesso posso dire che ho collezionato pure questa.
Infatti, come mi dicevo poco fa, ricevo un messaggio davvero singolare in cui vengo
chiamata professore e mi vengono forniti dati riservati e personali su personaggi a me
ignoti.
A caldo, mi verrebbe da rispondere in maniera ironica mi immagino questa probabile
conversazione dicendo: “ho sempre desiderato essere un uomo e per giunta un

professore ma purtroppo sono una donna e non sono neanche lontanamente vicina a tale
traguardo”.
Invece, rispondo cortesemente che purtroppo, non so come, caro signore, lei ha sbagliato
palesemente numero.
In un momento di ilarità alle 18.00 del pomeriggio con Jedi mentre sorseggiamo spritz con
Cynar al centro della piazza, condivido con il mio Guido il messaggio in tono ironico,
sperando di ricevere almeno da lui un cenno di qualunque tipo e sotto qualunque forma,
anche un cuoricino andava bene. Ma, forse per una questione Karmika, non arriva
nessuna risposta neanche da Guido.
Nonostante l’insoddisfazione dell’ennesima non risposta, la conversazione di approccio tra
un cittadino ed una Turista seduti proprio al nostro fianco, ci fa sghignazzare non poco.
Avete presente la scena del film Ovosodo di Virzì, in cui Piero Manzani e il suo amico
Mirko Mainardi, figlio della bottegaia del quartiere, vanno fino a Roma in autostop e
vengono ospitati da una famiglia di turisti in vacanza e l’amico di Piero si lancia in una
conversazione surreale in un inglese improbabile?
Assistere a questo approccio del Cittadino nei confronti della bella Turista mi fa ripensare
a questa scena e manco a farlo apposta la frase che ci ripeteremo da quel momento ai giorni seguenti sarà: ” Do you not, Via col Vento?”.
E per quanto mi riguarda se dovessi assegnare una sorta di pagella a Cittadino gli darei 9
alla voce intraprendenza ma -2 per quanto riguarda la conversazione.
Ritorniamo verso la stazione. Saliamo sul treno e ci leggiamo i libri che ci siamo appena
regalate.
Jedi sfoglia un fumetto, io sono intenta a leggere la biografia dell’investigatore che ha
inventato il metodo per interrogare i serial killer, da cui è stata ispirata la serie di Netflix
Mindhunter che, se non avete visto, vi straconsiglio.
Distratte dalla lettura, il viaggio di rientro passa in un battibaleno.
Mentre scendiamo dal treno parliamo ancora di Catalano.
Poi, ve lo giuro e non so se riuscirò a rendere l’idea così bene per come è successo… mi
fermo, giro casualmente verso sinistra e dallo stesso treno su cui eravamo noi, scende lo
Spilungone infortunato.
Mi paralizzo come se avessi visto un fantasma. Mi congelo. E penso “ma cazzo, proprio
così? Sono spettinata appiccicosa e sporca da una giornata fuori, carica come sempre con
la macchina fotografica, la carta dei tarocchi nel taschino davanti e due pennarelli, una ragazzina che torna dalla gita: in una parola sono impresentabile”. Jedi, mi chiama, e io

non so che scena ha visto. Però ecco, aspetto in completa trance che lo spilungone mi
raggiunga perché ci siamo visti.
Balbetto: “Stavo in pensiero!” e chiedo scusa per l’insistenza nello scrivere ma ribatto che stavo in pensiero come una mamma chioccia.
Facciamo un tratto di strada insieme, Jedi si presenta da sola da quanto non mi capacito di questa assurda connessione astrale. Lui ci racconta come è andato l’incidente, senza dilungarsi troppo e poi mi fa al solito un sacco di domande visto che sono conciata come una fotoreporter che rientra da una missione.
Ci salutiamo e sono contenta almeno di sapere che non è in un letto d’ospedale.
E di nuovo i giorni successivi ho la paresi stampata in viso e penso che a volte il destino
abbia, davvero, molta più fantasia di noi.

I cauboi Vànn giò a Milan

Ho passato l’esame ed ho voglia di festeggiare. Mi sento come Tokyo della Casa di Carta al solo
pensare di Fare Festa perché sono ancora su di giri.
Rientro a lavoro dopo due giorni di fatiche fisiche e mentali e mi becco il corso sulla sicurezza che
mi costringe a fare a braccio di ferro con tutta l’adrenalina che ho ancora in circolo.
Finito il corso, mi incontro e mi scontro con il signor Spilungone che, dopo la nostra mattinata passata
insieme in cui si era pure offerto di ascoltarmi ripetere l’argomento d’esame, non mi rivolge quasi
parola.
Un mio amico mi invita a passare il fine settimana a Milano, lui abita ad un quarto d’ora da lì ed io
sono combattuta, ma so che se rimango a casa senza il preadolescente, posso solo prendermela con
me stessa.
E allora, convinta dalla sua insistenza, la sua costanza e dal fatto che davvero lui è uno che ti sprona
e che ti fa sentire tutto l’affetto del mondo, decido di dire un bel sì ad una nuova avventura.
Parto ad un orario un po’ tardi perché con il treno alle 11.40 , arriverò solo nel primo pomeriggio.
Lui mi ha addirittura sponsorizzato il biglietto, ci conosciamo davvero da pochissimo tempo e
chissà mai cosa ci ha visto in me! Però ho bisogno di affetto e di sincerità e soprattutto di qualcuno
che riesce a renderlo reale. E cosa c’è di più concreto di un biglietto di un treno?
Esco dal turno di lavoro di venerdì alle 22.00 circa e mi aspettano otto ore di sonno prima di
ripartire.
La notte non dormo. Mi sveglio ripetutamente e alle 04.00 sono in chat a confrontarmi con U.B. Lui
rientra da una serata di baldoria e io sono vittima dei turni.
Ci scriviamo del più e del meno e, dopo tutto questo periodo, torna ad essere umano. Anzi, diciamo
che è umano perché tanto sa che non ci sarà più niente fra di noi e che infondo non sono una
persona di merda da trattare in maniera disumana.
Quindi mi dimostra umanità, poi gli auguro buonanotte e alle fine alle 06.00 mi alzo.
Finisco di preparare lo zaino.
Medito un po’ fino a che non comincia il mio viaggio in treno in cui vi scrivo il post in cui vi
racconto dell’esame.
Un’ora tutta per word press.
Arrivo alla stazione in cui dovrò prendere il freccia rossa e scopro che è in ritardo di 25 minuti.
Mi sale tutta la tristezza del mondo e una voglia di piangere pazzesca. Medito per una frazione di
secondo sull’ipotesi di tornare indietro. Sento una fitta a livello del petto: ci siamo, sto veramente da

cani, un attacco di panico in piena regola. Imploro Jedi di manifestarsi ma anche lei sembra essere
in ritardo.
Tutto sommato questi 25 minuti sono passati alla svelta e il freccia rossa arriva. Ci salgo e mi metto
a sedere e scrivo il secondo post per aggiornarvi sui miei disamori.
Ho il posto a sedere, leggiucchio e continuo a scrivere per tutto il tragitto. Il viaggio è veramente
veloce.
Matrix, così si chiama il mio amico, mi viene a prendere alla stazione.
Con un ritardo di mezz’ora, ci siamo! Scendo dal treno e mi sento una faccia orribile.
La prima cosa che mi propone dopo aver visitato Lodi, il paesino dove abita e che lui ha stabilito
che dovevo fare la fatidica sera in cui ci siamo conosciuti, è farmi assaporare il campari ghiacciato.
Una vera bomba solo per lodigiani docg. E io che non sono del posto, arranco a stare al passo.
Possiamo dire che la Festa è iniziata! Proseguiamo così la serata. Conosco un paio dei suoi amici
interessanti e poi sfanculiamo tutto e tutti e ce ne andiamo verso la metro che ci porterà a Milano by
night. Raggiungiamo la metro in auto e cantiamo a squarciagola che siamo giovani wannabe…
Siamo alla metro. Mi sento in un film. Questa location di notte mi piace terribilmente, poi Matrix
mi insegna il trucchetto dei tornelli: passiamo il biglietto, lui mi spinge avanti e poi passa al volo,
correndo dietro di me.
Solo questo giochino mi fa sentire un po’ fuori legge ma estremamente viva e dimentico per un
attimo tutte le magagne e i pensieri che solo qualche notte prima mi tormentavano.
Raggiungiamo il centro di Milano, sta piovendo a dirotto ma siamo in una città piena di gente,
nonostante la pioggia. Dalle mie parti, non si fa. Se piove, non si esce.
Mi perdo a fotografare il duomo in versione notturna e piovosa, forse qualche scatto lo pubblicherò
anche qui.
Passeggiamo e chiacchieriamo fino a che non arriva l’ora di rincasare.
Torniamo alla metro, saliamo su quella sbagliata e scendiamo di corsa. Sì, sembra proprio un film,
ma dura poco e in men che non si dica prendiamo quella giusta che ci riporterà a casa.
Nel paesello, passiamo la serata con i suoi amici che si stanno intrattenendo con un gioco di carte.
Conosco anche il tatuatore officiale del gruppo e per un pelo non mi tatuo in piena notte. Altro
classico, e un po’ mi pento di non averlo fatto. Pazienza, ci sarà un’altra occasione per farlo.
Ad un’ora per me improponibile, andiamo a letto.
La mattina dopo, il prete locale inizia il concerto domenicale e suona le campane a festa.
Sono le otto, calcolo e impongo il massimo di un’ora di tempo per alzarci e andare a vedere tutto
quello che non abbiamo visto ieri.

Volevo vedere la chiesa di San Bernardino alle Ossa ma era sfortunatamente chiusa.
Ripieghiamo sulla visita ad un percorso fatto di installazioni immersive dedicate ai sognatori ed è
come salire sulle giostre!
Soggiorni capovolti, caleidoscopi a misura d’uomo dentro cui entrare, altalene, una vasca piena di
bolle di plastica, sacchi da boxe da prendere a cazzotti su cui è scritto quale perfida emozione stai
prendendo a cazzotti. Il panico? La rabbia?
Usciamo di lì con il sorriso fra le labbra ma super affamati. Ci spostiamo sui navigli per gustarci io
un buon felafel io e, se non ricordo male, un kebab lui.
Sempre con la macchina fotografica a portata di mano e pronta a fotografare quello che cattura la
mia attenzione.
Poi decido io, abbiamo ancora tempo. Matrix non sembra molto convinto ma io sì.
Ci aspetta il museo del novecento… e lì proseguono i divertimenti.
La mostra inizia con i futuristi e ad ogni piano dell’edificio ci sorprendono le varie opere esposte,
come se fossero disposte in maniera esponenziale.
Picasso, De Chirico, Modigliani insieme ci entusiasmiamo quando troviamo Manzoni per finire
all’ultimo piano dove ad attenderci c’è una sala interamente dedicata a Fontana con le sue tele
squarciate. Siamo super contenti quando usciamo di lì.
Perfino Matrix che non sembrava all’inizio molto convinto, si è dovuto ricredere e stavolta è lui a
ringraziarmi.
Io mi sento grata e davvero strafelice per questa avventura che mi è stata regalata e anche per il
pomeriggio perfetto appena trascorso.
E nonostante il treno, che mi riporterà a casa sia in ritardo pure lui, mi porto addosso un bel ricordo
e la sensazione che così sola poi non sono, anzi posso dire ufficialmente che ho un nuovo amico da
aggiungere ai miei racconti sul blog e sicuramente presente nella vita reale.

Distratta Mento

Sono distratta da te. Stamattina mi è arrivato un messaggio bellissimo da parte di
un tizio carino, amoroso, amorevole e pieno di argomenti, ma non sei tu.
Purtroppo io sono il suo primo pensiero delle sei e un quarto e invece il mio primo
pensiero sei tu.
Pur di tenere la testa occupata, ho accettato di fare uno straordinario di sabato
mattina.
Ho accettato perché mi sfogo sul lavoro cercando gratificazione, ho accettato per
compiacere il nostro Capo Supremo Augh (C.S.A.), come lo chiamo io.
Scendo di macchina e il mio primo pensiero è che tanto stamattina non ci sei quindi
mi concentrerò di brutto sulla produzione e reciterò mantra nella speranza che la mia vita
si concretizzi in qualche direzione.
E ti penso perché è da una settimana che ci siamo scritti e che tu hai risposto e che
ti ho risposto anch’io, senza strategie e dicendoti la verità.
Il tuo rifiuto è stato un rifiuto a porte aperte. Io ti ho risposto pensando che se uno vuole
fare una cosa il compromesso lo trova, no?
Ma alla mia domanda che poi era una mezza affermazione, non hai dato risposta.
Poi ci siamo visti a lavoro. Hai fatto di tutto per girarmi alla larga, fino a quando di
giovedì sei costretto, non so da chi, ad aggiornare il programma alle mie colleghe per
inserire dati.
Mi sorprendi all’improvviso chiedendomi di passarti una brucola, che avresti potuto
chiedere a chiunque oppure prendertela da solo. E i nostri occhi che per tre giorni si sono
ignorati con tanto impegno, di colpo, si scontrano di nuovo. E sono romantica e io mi ci
affogherei dentro ai tuoi occhi. E chissà cosa vedi tu dentro ai miei.
Mi basta una cosa così per sorridere da sola mentre ti penso. Mentre cammino
nella mia vita pratica. Mentre sono in palestra sul tapis roulant. Mentre preparo la cena.
Mentre porto mio figlio agli allenamenti o mentre metto i panni sullo stendino. Sorrido
come un idiota solo perché hai cercato la festa del mio sguardo. chiedendomi una brucola.
Ho letto da qualche parte che se una cosa ci fa sorridere allora vuol dire che siamo sulla
strada giusta.
Ecco, pensarti, anche se mi hai rifiutato, mi fa sorridere. Sembrerà assurdo che non mi
sia offesa o indignata o non mi strappi i capelli per la delusione perché Sembra assurdo
anche a me ma mi ripeto che va bene così.
Comunque, torniamo al sabato mattina di straordinari per compiacere il mio capo. In realtà
sono qui anche perché la prossima settimana ho chiesto un permesso studio e insomma,
volevo riparare il mio karma in quel contesto.

Ovviamente, come accendo il programma per iniziare a lavorare scopro che mi salta a piè
pari un passaggio. Sono quindi costretta a chiedere aiuto. Vedo un tuo collega e lo chiamo
nella speranza che se ne intenda più di me e lui mi dice che ci sei. E io sgrano gli occhi
per la sorpresa perché ci sei e vieni tu ad aiutarmi.
E ci diciamo la stessa cosa; che siamo le ultime persone che pensavano di trovarsi a
lavoro il sabato mattina. Per poco non ti dico che pensavo che fossi arrabbiato per la tua
non risposta.
Iniziamo a parlare del problema che ho. Tu cerchi di risolverlo ed io pesticcio
pensando che mi sono giocata un sabato mattina in cui avrei potuto studiare. Poi provi ad
usare l’avvitatore e non sai manco tenerlo in mano e ti dà un rinculo pazzesco che smuove
tutti i componenti per assemblare il pezzo. Allora io ti dico come tenere l’avvitatore e ti dico
di fare attenzione. Mi preoccupo che tu ti possa fare male. Sembriamo come nella celebre
scena di Ghost con il tornio, solo che abbiamo un avvitatore che ci permette il contatto
delle mani.
E poi finalmente mi aiuti. Sono ultra grata all’universo per questa sorpresa. Sembra un flirt
in piena regola: ci guardiamo negli occhi e c’è una confidenza pazzesca e ancora sorrido e
mi distraggo e vorrei un’altra settimana di ferie per studiare, e non pensare a te.
Ma ti penso anche oggi e mi chiedo se hai cambiato idea. Lo so che mi guardi. Ieri ti sei
piazzato lì con me. Strano modo per uno che vuole stare lontano dal gossip.
Mi hai detto che mi hai visto mentre chiamavo il tuo collega e sembravi indispettito. Io non
ti ho neanche cercato perché per me di sabato mattina eri a rigirarti nel letto.
Che si fa?
Come si va avanti in questo gioco?
Sono contenta e sorrido. Perché non ho dubbi sull’interesse che nutri, non ho più dubbi sui
tuoi occhi che mi guardano con i raggi x.
ti avrei baciato ieri… ti ho mangiato con gli occhi.
L’hai sentito il mio sguardo su di te?
Che effetto ti ha fatto? Io ho avuto il solito sorriso idiota per tutto il giorno.

un altro esame andato

Altro esame sostenuto passato alla grande! 

Jedi però mi ricorda che ci vuole un bel post per festeggiare. 

Lo so, sono grande per queste cose… Ma sono una persona emotiva e vivo il pre-esame  esattamente come lo avrei vissuto come quando avevo vent’anni. Anzi, forse lo sto  facendo adesso perché a vent’anni ero decisamente un caso disperato. Mi veniva la colite,  non riuscivo a mangiare niente e andavo nel panico in maniera esponenziale. 

Mentre adesso, a differenza di allora che ho anche decisamente più cose da gestire,  riesco a studiare e ristudiare. Le mie giornate scorrono così: torno dal turno la sera e mi  metto a studiare, ascolto le lezioni, mi sembra di non capirci niente, mi sembra tutto così  noioso e inafferrabile. Non sono concentrata, sono distratta, troppo. 

Il libro è piccolissimo “una sogliola” di libro, lo avrebbe definito la mia maestra delle  elementari, per quanto è piccolo. 

Il problema è che è scritto decisamente in un linguaggio arcaico: anche qui mi serve il  vocabolario! 

Giri e rigiri di parole per esprimere concetti che, come al solito, provo a riproporre nel mio  tutti i giorni alle colleghe a lavoro mentre facciamo pausa caffè dieci minuti o nel corridoio  in attesa di entrare. 

Jedi stavolta non può concentrarsi su di me: piano, piano sta allentando la presa ed  appare sempre meno. 

Dice che quando non c’è vado alla grande. Chissà, forse ha ragione ma in questo  momento mi manca da morire. 

Mi sembra di avere poco metodo e sono nel mio stato confusionario: la tavola è piena di  libri, un notebook che mi serve per sbobinare le lezioni in cui la prof con una vocetta  soporifera mi spiega il suo insegnamento, poi fogli, su fogli, penne, evidenziatori e il mio  polso a rischio tendinite. 

A vedermi da fuori appaio in completo subbuglio ma almeno la buona volontà c’è la metto  tutta, ve lo giuro. 

E poi sono rigorosa! Come vi dicevo, torno da lavoro e dalle dieci all’una studio per  ripartire la mattina alle sei fino a quando non rientro di nuovo a lavoro. Arrivo a pochi giorni dalla data dell’esame e il mio capo mi sorprende con la richiesta di  farmi fare delle ore straordinarie. Ho appena chiesto un permesso studio e mi pare brutto  dirgli di no. 

Poi adesso sto facendo una cosa che un po’ più di soddisfazione me la dà perciò accetto e  cerco di farmi un piano con le ore che mi restano per studiare.

Tra l’altro, con mia estrema sorpresa trovo anche il tipo che mi fa venire gli occhi a  cuoricino e la paresi. 

Lui stamani non ci voleva (prometto che poi, con calma vi aggiornerò anche su questa  parentesi che metto tra parentesi in questo post, in un post successivo). Torno a casa e mi aspetta un fine settimana di totale immersione sul mio tavolo imbandito. Sono in condizioni pessime: tuta, pantofole e i capelli ultra unti per quando mi sono  grattata la testa. Sì, con questo esame ho ricominciato a grattarmi ma forse non dipende  da quello. Comunque, lunedì lavoro, martedì lavoro e da mercoledì prendo un permesso  studio e riesco a ripetere, con l’assistenza di mia madre, quello che ho capito. Anche lei è  sorpresa dallo scoprire che l’esame è il giorno seguente. Non me lo dice, ma forse  neanche per lei sono sufficientemente preparata. 

Comunque questa sensazione di non sapere nulla, a quanto pare, sarà una costante. In più ho da gestire i primi giorni della terza media di mio figlio, i suoi sbalzi d’umore alla  soglia dell’adolescenza e le sue cantilene: “Ma non si può vedere una che non fa altro che  lavorare e studiare!” 

Io rispondo: “Spero di esserti d’esempio” 

Sono sicura che ora non lo sono ma quando sarà il suo turno, lo sarò eccome. In fin dei  conti, lo faccio anche per lui. E poi mi sento un super eroe quando accade quello che mi è successo qualche giorno fa. 

Come diceva il Piccolo Principe: “ i riti vanno rispettati” e quindi, una volta sul treno, scrivo alle tre persone a cui scrivo prima di ogni esame è un  gesto scaramantico.

In ordine scrivo a  Jabba, Vanessa e poi al mio buon vecchio U.B. a cui invio il messaggio di rito più singolare di tutti. 

Dovete sapere che U.B. di lavoro fa il macchinista, ecco prima di ogni esame gli domando: “Che treno guidi oggi?”  forse perché mi immagino che prima o poi mi ci porterà lui nella tratta casa/università. Fin’ora non ha mai guidato lui il mio treno, ma questo messaggio continuerò a mandarglielo per tutta la mia carriera universitaria.

In ogni caso le altre volte è andata bene, meglio non rischiare stavolta.

 Arrivo in facoltà e mi si stampa un sorriso beota sulle labbra. Oggi è giorno di lauree, a  quanto pare. Ci sono cortei di parenti attorno ai laureandi inghirlandati ed è come un  sogno ad occhi aperti. Sento tutta l’ energia del mondo e mi immergo nel contesto. Sono  felice anche se ho una paura da matti e insomma è il mio secondo orale ma sono partita  con l’idea che l’importante sarà portare a casa tutti gli esami e stare al passo: il voto è un  optional come l’aria condizionata in macchina. Non esiste un altro modo, si può fare solo  così! Mi sento un po’ come se stessi facendo un video game o una corsa ad ostacoli ed è  adrenalinico arrivare, sostenere l’esame e uscire di lì anche con un buon voto! 

Molto di più di quanto mi aspettassi. 

Quando torno a casa provo a dormire la notte prima non ho fatto che svegliarmi. Dalle quattro in poi ogni ora, fino a che non arrivo alle sei e decido di alzarmi. Nulla non ci riesco, allora apro la app per prenotare i corsi in palestra, e scelgo quello che  mi metterà decisamente a tappeto: fit boxe. Sono così decisa a liberarmi da questo   

processo di catarsi che per quanto scazzotto il sacco, riesco pure a farmi sanguinare le  nocche nonostante i guanti protettivi. 

Fine della giornata epica. 

Adesso posso tirare un mega sospiro di sollievo. Faccio una pausa di due giorni: compongo questo post comodamente seduta sul treno. Sto andando a trovare un mio  amico a Milano e ne approfitto per staccare la spina e ricaricarmi le batterie e con lui la  festa è assicurata! 

Spero di aggiornarvi sul mio soggiorno milanese molto presto, nel frattempo vi mando un  abbraccione e … Alla prossima puntata!

Mille colori

Ne ho combinate di tutti i colori e ora sono in ferie! Finalmente, aggiungerei. Sono in ritardo con la pubblicazione dei post, ne avevo uno in forno per raccontarvi del  mio agosto ma avevo la editor in ferie e non potevo pubblicare senza le sue correzioni. Adesso sono a Napoli. 

Dopo lunghe peripezie, siamo partiti io la mia amica Vanessa e M.F. 

La sera prima della partenza sono in crisi con la valigia e io e Vanessa ci confrontiamo sul  cosa mettere dentro di indispensabile e cosa no. 

Siamo arrivati ieri dopo un comodissimo viaggio in treno. 

Una volta raggiunto il b&b, sistemato i bagagli ed esserci rifocillati, ci perdiamo per la città  nelle viuzze colorate in cui faccio un miliardo di foto non instagrammabili e con la reflex. Infatti decido di prendermi una pausa dai social per qualche giorno, decido che voglio fare  calare un alone di mistero sul mio spostamento. 

Un viaggio privato. 

Comunque abbiamo un minimo di programma da rispettare, non è una zingarata  qualunque e alle cinque in punto ci intratteniamo in una visita guidata alla Napoli  sotterranea e si rivela un’esperienza davvero fantastica. 

Purtroppo ci capita una guida attempata che è veramente di una lentezza disarmante ed  anche un po’ prolissa ma abbiamo l’opportunità di vedere con i nostri occhi parte dei  cunicoli sottostanti la città e scavati nel tufo. 

Il tour prevede che facciamo anche visita all’antico teatro che è stato inglobato tra le mura  della città. Scoperto per puro caso dalle belle arti durante dei lavori in un’abitazione di  un’anziana signora. 

Questo fatto, non so perché, mi fa quasi più emozionare rispetto alla città sotterranea che  abbiamo visto qualche minuto prima. 

Poi visitiamo il duomo, dove è gelosamente custodito il sangue di San Gennaro. Dopo la visita breve al Duomo, ci incamminiamo per via Spinelli dove si trova il ristorante  più rinomato di Napoli: Sorbillo e dopo un’interminabile quanto meritatissima attesa, ci  facciamo letteralmente conquistare dalla pizza fritta mai provata fino ad ora. Ne avrei mangiate due di fila. 

Super! 

Valeva la pena attendere. 

Stanchi dai 10 mila passi che la nostra app addetta al conteggio ci segnala, dopo cena ce  ne andiamo a goderci un meritatissimo riposo. 

La mattina mi sveglio prestissimo, non so perché ma tra tutti i murales e i disegnetti sulle  mura penso ad exit enter, uno dei miei illustratori di muri preferiti. Lo seguo da quando ha 

iniziato a riempire Firenze con i suoi ometti stilizzati quanto immediati che rincorrono  palloncini e cuori rossi. Penso che ho trovato sue tracce a Bologna, strano che non sia  passato da qui, sembra proprio un posto adatto a lui.

Il giorno succesivo di nuovo sveglia presto, doccia al volo, mi infilo il costume e preparo lo  zaino per il mare. 

Sveglio mio figlio facciamo una colazione veloce e ci troviamo con Vanessa fuori  dall’albergo. 

Destinazione traghetto che ci porterà a Capri. 

Ci vuole circa un’ora per arrivare ed una volta arrivati ci spostiamo su un’altra  imbarcazione. Purtroppo la grotta Azzurra è impraticabile dato che il mare è un po’  arrabbiato. Ripieghiamo su un giro dell’isola davvero emozionante. 

Passiamo sotto i faraglioni e da lontano si intravedono anche Ischia e Procida. Mi torna in mente anche Elsa Morante con la sua “Isola di Arturo” e mi pento di non averci  pensato prima! Potevamo vedere Procida! 

Tra l’altro, quest’anno è stata anche eletta capitale della cultura e ci sono un sacco di  iniziative interessanti, cosa che scopro solo dopo il mio rientro. 

Comunque anche Capri si rivela una bella sorpresa. Una volta rientrati dal giro, ci  accampiamo nella spiaggia libera. 

Pranziamo lì e ci godiamo il sole dei primi giorni di settembre ed un’acqua spettacolare,  cristallina e di una giusta temperatura. 

Facciamo quello che sembra essere l’ultimo bagno della stagione e poi c’è ne andiamo in  esplorazione della città. 

Prendiamo la funivia che ci porta direttamente ad una piazza piena di negozietti di ogni  tipo, il nostro giro si conclude ai giardini di Augusto. 

Dove si aprono terrazze che ci permettono di vedere un vero e proprio incanto. Di nuovo i faraglioni in lontananza, il mare azzurro da copertina del National geographic  meraviglioso. 

Al rientro, mi perdo a fotografare il mare che si increspa sui finestrini del traghetto. Scatto  forse una ventina di foto apparentemente tutte uguali, agli schizzi bianchi su vetro sporco. Tornati al porto destinazione albergo, poi una bella doccia e infine un’altra meritatissima  pizza. 

E proprio mentre camminiamo per il centro, eccolo che mi appare exit enter: è lui, cerco la  sua firma sotto i disegni. Non ci sono dubbi è lui. Mi ero imposta di non socializzare e  invece mi trovo a dover gestire l’impulso di contattarlo. 

Scatto due foto compulsive col telefono e carico una storia sui social menzionandolo  senza trattenermi dallo scrivergli. Gli scrivo quello che pensavo la sera prima.

E lui mi risponde anche! Sono stracontenta per questa piccolezza. 

Dopo cena di nuovo a nanna. 

La mattina dopo, ci aspetta la visita alla cappella di San Severo. 

E lì ho un’estasi mistica come quella di Santa Teresa e di nuovo provo commozione mista  a curiosità di approfondire l’argomento. 

La cappella è il mausoleo della famiglia e il principe che commissiona le opere è un  rappresentante della massoneria. Mi lascio stupire dai dettagli che stanno dietro ad ogni  opera presente in questa meravigliosa cappella. L’attrazione principale è il Cristo Velato.  Opera davvero emozionante, che mi lascia senza fiato.Mi sento come se fossi in un parco  giochi: guardo con curiosità e stupore tutto, fino alla fine del percorso in cui ci troviamo di  fronte agli automi. 

Curiosità, scienza, amore per l’arte tutto riunito in un unico luogo magico. Mi sento arricchita profondamente da questa esperienza. 

Se un po’ avete imparato a conoscermi, vado all’acquisto compulsivo di due biografie sul  principe proprietario della cappella. 

È l’ultima giornata, ce ne andiamo in giro per la città ancora e, casualmente, ci troviamo  nella via dei presepi e ci immergiamo letteralmente nel vivo della città e cediamo anche  all’assaggio dalla sfogliatella più buona della galassia. 

Cornetti di ogni tipo e di tutti i colori, bancarelle su bancarelle. 

Camminiamo ancora per un bel po’ poi ci dirigiamo in piazza Plebiscito dove ci sfidiamo  nel tentativo di attraversarla ad occhi chiusi e a quanto pare ce la facciamo! Proseguiamo il nostro itinerario percorrendo il lungo mare, tra poche ore questa meraviglia  sarà finita ma ci promettiamo solennemente che sarà un’arrivederci Napoli.

Agosto

Cercavo un momento, per raccontare le vicende di questo caldo mese. Sapete che il mio cervello non si ferma mai, ma si può dire che mi sono  spaparanzata e goduta questo caldissimo agosto. 

I turni a lavoro sono passati da tre a due e questo mi ha portato ad avere il fine settimana  free quindi diciamo che per un po’ tiriamo un sospiro di sollievo. 

Sono stata un sacco di tempo con mio figlio in zonzo: a pranzo e cena fuori, piscina terme  e mare con annessa escursione in barca. Ma andiamo per gradi. 

Iniziamo con il pre-ferragosto. Siamo invitati ad un pranzo per conoscere una bimba  neonata che poi sarebbe la mia biscugina figlia di mia cugina Francesca. Ed è stato amore a prima vista. L’ho tenuta anche in braccio ed è stato bellissimo, uno dei  contatti umani più significativi e meravigliosi dell’ultimo periodo. 

Dopo questo emozionante incontro, per ferragosto siamo insieme ad una vera e propria  banda, stile ultimo dell’anno all’ultimo minuto, banda di personaggi che hanno rimandando  il festeggiamento di questa data segnata di rosso sul calendario. 

Abbiamo passato la giornata in compagnia di amici storici e instaurato nuove conoscenze.  M.F. ha pure fatto da interprete ad una famiglia di origine cinese che parlava soltanto in  inglese e senza di lui non avrei avuto il traduttore simultaneo. 

Bella compagnia, bella giornata e, nonostante le pessime previsioni, siamo riusciti anche a  fare anche un bagno al fiume dove siamo arrivati dopo una camminata che è stata  propizia per digerire il pranzo importante con cui abbiamo riempito i nostri stomaci. Comunque verso le 18.00 le previsioni, che tanto ci tormentavano, si materializzano in un  bel nuvolone carico di pioggia e inizia la fuga nel tentativo di raggiungere velocemente la  casa che ci offrirà riparo. 

Piove tutta la pioggia che non ha piovuto questa estate rovente. 

Disagi per strada, alberi franati in mezzo alle strade e qui in zona ce la caviamo con danni  marginali tutto sommato. 

Il martedì si torna a lavoro ma la settimana è decisamente corta. 

Lavorerò fino alle 22.00 e riesco anche ad organizzare un’uscita tra colleghe e amiche  storiche nonché con il mio amico Fra. 

Appena inizia il turno, succede che la pioggia della giornata precedente si è infiltrata dove  non avrebbe dovuto e così, a lavoro proviamo l’ebrezza di un’evaquazione da manuale:  tanto per rassicurarvi nulla di grave, ma ci mandano a casa e con le mie colleghe ce ne  andiamo a fare un aperitivo prima di rientrare a casa e anche il giorno dopo non si lavora  causa manutenzione e riparo del danno subito.

E allora cosa ci inventiamo? Giorno libero, serata libera… perché non organizzare una cena più birretta tra colleghe? 

Siccome a queste cose non sono più abituata, il giorno dopo i postumi mi fanno  strascicare come uno zoombie a lavoro. 

Però mi riprendo in tempo per il venerdì e al momento di uscire mi si prospetta un’altra  birra. 

Sì, a fine agosto probabilmente avrò la panza di un’alcolista, anche se compenso gli  stravizi con i miei allenamenti in palestra che proseguono nonostante la struttura rimanga  aperta per me e altre due persone, forse. 

Comunque il sabato mattina di buon ora vado al mare a raggiungere M.F. che era partito  con mio fratello il pomeriggio di venerdì. 

Venti minuti dopo essere arrivata, ci avventuriamo tutti in una gita in barca alla ricerca di  un posto veramente meraviglioso dove facciamo il bagno e così passiamo altri due giorni  di spensieratezza totale. Fino al rientro di lunedì all’alba al lavoro. 

Con Il signor D. ho tentato un approccio tanto per aggiornarvi sul mio giochino leggero  della momento. Sembra che in modo goffo e molto imbranato ci continuiamo a muovere  cercandoci: io gli scrivo e lui mi lascia senza parole tentando di parlarmi. Al mio banchetto, dove ormai ho imparato a stare, si affacciano varie colleghe, alcune di  altri turni e conosco una ragazza che come me sta studiando. Passiamo una mattinata a  parlare di cose che capiamo solo noi ed è meraviglioso perché mi sento davvero  compresa. 

Comunque la conversazione con questa ragazza mi fa pensare a tutte le cose che mi  sono state raccontate in questo contesto. Ho ascoltato un sacco di storie di vita vera che  ho in progetto di raccontarvi a breve. 

Per concludere il riassunto del mio agosto non può mancare un aggiornamento sul piano  di studi e il prossimo esame sarà a fine settembre. 

E per gli aggiornamenti è tutto, non mi resta che lasciarvi alle previsioni meteo.

Rotacismo

Questa poesia è per te, per te che mi hai sorriso con gli occhi, col sorriso mascherato.

Ed è una poesia un po’ lettera.

Ti presento la donna Sandwich Da sempre sostengo di aver bisogno di una lavagna su cui scrivere quello che penso di poter parlare.

Non so neanche recapitare lettere a quanto pare.

So soltanto mormorare.

Parlo a bassa voce, un filo di voce flebile che a mala pena è udibile a meno che tu non sia davvero interessato alla traduzione simultanea di quello che mi passa per la testa.

Sembra così facile dire: andiamo a bere una birra?

Eppure è così difficile.

Anche concretizzare, renderla reale questa birra, trasporla dall’iperuranio al mondo in tre dimensioni.

E galeotta fu l’amica che giocava a fare cupido. Che mi dice: Gli piaci un casino.

E io che pensavo di aver immaginato, rimuginato e mormorato da sola, su questo presunto piacersi.

A me comunque piaceva immaginarti interessato a me, mi piaceva quel semplice gioco platonico come ormai tutto quello che mi riguarda è platonico infondo.

Maledico e insieme benedico il giorno in cui stavamo per bere una birra insieme e poi non la abbiamo bevuta.

C’è stato uno scambio di sguardi paragonabile al big bang.

Sguardi sorridenti e denti mascherati.

Mi hai colpito ed affondato sei intraprendente e sfrontato come il trincetto che mi hai regalato.

Un segno in pegno.

Sento che abbiamo ancora qualcosa da dirci. Adesso non mi piacciamo.

Non mi piace questo ignorarsi forzato. Non mi piace la frustrazione che sento nella nostra interazione mancata. É una distanza di approfondimento la nostra?

E soprattutto detesto di tremarti accanto, che non è inverno e non mi piace tremare d’estate.

D’ estate si suda, non si può tremare d’estate. Dovrebbero vietarlo e limitarlo con multe e pene corporali chi si azzarda a tremare d’agosto.

Vorrei che mi leggessi e mi rispondessi in carne ed ossa, con la stessa ostinazione in cui fino ad ora ti sei mosso nella mia direzione.

Nessun messaggio sul cellulare, solo tu che ti siedi accanto a me e aspetti che io alzi la testa ti guardi, ti sorrida con gli occhi e mi guardi la smetterei perfino di tremare.

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